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Tempo di cinema/Elio Ruffo 

Edito dalla Cineteca della Calabria e curato da Eugenio Attanasio, Maria Rosaria Donato, Domenico Levato e Giovanni Scarfò, viene presentato presso la Libreria del cinema sabato 1 febbraio 2014 a Roma in Trastevere il volume Tempo di cinema/Elio Ruffo. A coronamento di un lungo lavoro intrapreso quindici anni fa a Soverato, la cittadina jonica in cui Ruffo nel 66 aveva girato il suo secondo lungometraggio, giorno in cui quella pellicola rientrava dopo oltre trent’anni, la Cineteca della Calabria ha recuperato e ristampato le copie delle maggiori opere del regista Bovalinese, organizzando importanti iniziative di divulgazione. Memorabile quella del dicembre 2002 alla quale parteciparono Loretta Capitoli, l’attrice del primo lungometraggio, scovata da Tatti Sanguineti, nonché Ciccio Pelle, il bambino dello stesso film , che rientrava proprio dalla Germania. Elio Ruffo era nato il 1 Gennaio del 1921 da una famiglia di tradizioni repubblicane e massoniche. Gaetano Ruffo, uno dei martiri di Gerace, è un loro illustre antenato. Così si chiama anche Ruffo padre che si distinguerà successivamente in città per la sua posizione fieramente antifascista. Il suo ruolo di avvocato, stimato e affermato nel foro di Reggio Calabria, gli conferisce un prestigio che gli consentirà di superare la fase difficile del ventennio mantenendo orgogliosamente le sue posizioni politiche. Massone di Palazzo  Giustiniani, appassionato di scherma e di filosofia Ruffo padre si assunse l’onere della difesa in tribunale del brigante Musolino. Il suo tentativo di provarne addirittura l’innocenza nel processo di Modena tornò, come vedremo, in qualche modo utile al figlio molti anni dopo. Elio Ruffo ebbe il tempo, prima di trasferirsi a Roma, di intrecciare in Calabria amicizie determinanti. Primo fra tutti lo scrittore Mario La Cava che rimase nel tempo un prezioso riferimento nella stesura delle sceneggiature. Una particolare stima lo legò a Pasquino Crupi. Per un certo periodo collaborò con il Giornale di Calabria. Ed è infatti il giornalista una delle attività che Ruffo coltivò nei lunghi intervalli fra i suoi film. Culturalmente il suo punto di riferimento rimase comunque sempre il cinema. Questo lo portò a trasferirsi a Roma in pianta stabile. Le sue prime esperienze con la pellicola lo vedono come aiuto regista di Blasetti. Successivamente la sua rete di relazioni appare ampia. Conosceva Visconti, Fellini, la Magnani, la Lollobrigida, Umberto Orsini, Zavattini. C nasce a Bovalino (RC), paese che diede i Natali anche allo scrittore Mario La Cava, nel 1921 da una nobile famiglia di tradizione liberale. Regista e documentarista realizza tra la fine degli anni’ 40 e la fine degli anni ’60 opere interessanti che denotano il suo interesse per il Meridione con sensibilità e piglio neorealistico. Gira del 1949 il documentario “ SOS Africo” ,esemplare nel denunciare lo stato di abbandono dei paesi pre-aspromontani, giovandosi anche della voce fuori campo di Sandro Paternostro. Il suo debutto con il lungometraggio è con “Tempo d’amarsi”, accolto favorevolmente dalla stampa cinematografica dell’epoca. Nel successivo “Una Rete piena di sabbia”  pur non confermando le belle promesse del film d’esordio, ci lascia una interessante ricostruzione di un processo n’dranghetistico. La morte lo colse prematuramente mentre stava girando il suo ultimo film “Borboni 70”, la cui sceneggiatura fu oggetto di una battaglia legale che rallentò la successiva lavorazione del film. L’oggetto del contenzioso fu la paternità della stessa sceneggiatura che i produttori Lucibello e Borruto si attribuivano. Elio Ruffo vinse la causa ma non fece in tempo a realizzare “Borboni anni ‘70” pur iniziando comunque a girare dei materiali in 35 mm e, per la prima volta, a colori. Nel solco del suo “cinema verità” la sua attenzione si centrò sul processo di Locri, noto come “processo di Montalto”. Il processo si concluse con la condanna di praticamente tutti gli imputati e gli stessi materiali Ruffo furono trattenuti come prova giudiziale.. Nel volume, realizzato con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, trovano spazio una copiosa rassegna stampa, film , documentari  sceneggiature e scritti inediti di grande interesse filmologico, di un autore che restituisce voce e dignità alle periferie meridionali , provando la strada pionieristica della produzione cinematografica legata al territorio. La Cineteca della Calabria, grazie alla collaborazione della famiglia ha recuperato , negli anni tutte le opere di Ruffo, impegnandosi in un lavoro di conservazione della memoria storica e divulgazione di questo straordinario personaggio.

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FRANCESCO MISIANO: CINEMA E RIVOLUZIONE

Franceso Misiano: Cinema e Rivoluzione. Opere letterarie/Avventure di Celluloide . Dopo diciotto anni dalla realizzazione del documentario Il caso Misiano che ha fatto rinascere l’interesse e gli studi su questo grande personaggio, la Cineteca della Calabria, a suggello di un complesso e faticoso lavoro di ricerca condotto all’estero, continua nella sua opera di recupero della memoria storica con un’opera che getta nuova luce sugli studi finora pubblicati. Il volume è curato da Eugenio Attanasio con interventi di Domenico Levato e Demetrio Iannone, ricerca iconografica e coordinamento editoriale di Antonio Renda, progetto grafico di Guglielmo Sirianni, collaborazione ai testi di Raffaele Cardamone, ufficio stampa di Luigi Stanizzi, e debutta a Torino, proprio la città dove Misiano viene eletto deputato nel 1919 e dove era stato precedentemente arrestato nel 1915 per aver partecipato allo sciopero generale. Ma chi era veramente Francesco Misiano, l’uomo che nel 1926 porta a Mosca Douglas Fairbanks Junior e Mary Pickford per promuovere le industrie cinematografiche sovietiche e la casa di produzione di cui è presidente, la Mezrabpom? Condannato  per diserzione nel dicembre del 1921, fugge dall’Italia dopo aver partecipato nel gennaio del medesimo anno alla fondazione del Partito Comunista durante il Congresso di Livorno. Definito da Gabriele D’Annunzio “vilissimo e traditore”, risulta inviso e scomodo anche per i suoi stessi compagni di partito, che nel 1930 ne chiedono addirittura l’espulsione, ma senza la sua intelligenza, la sua capacità, la sua tenacia, non si sarebbe potuta aprire quella grande stagione del cinema russo di cui furono protagonisti Pudovkin, Ekk, Protazanov e lo stesso Ejzenstein; La corazzata Potemkin  varca i confini dell’Unione Sovietica grazie al lavoro di distribuzione delle società fondate da Misiano. Deputato socialista e poi comunista, sovversivo e pacifista, ma soprattutto uomo libero, Misiano è testimone e protagonista della storia e della cultura del Novecento europeo prima della seconda guerra mondiale. Un libro che spazia dal Misiano scrittore e drammaturgo, al cinema prodotto dalle società di produzione, la Mezrabpom in Unione sovietica e la Prometheus in Germania, delle quali era responsabile e socio collaboratore, protagoniste della vita culturale, sociale e politica tra gli anni ‘20 e gli anni’ 30 del ‘900. Un tassello importante del complesso puzzle della vita di Francesco Misiano, viene ora ricomposto, con la pubblicazione delle sue opere inedite per l’Italia: Tenebre e La tessera, che vengono pubblicate in Svizzera, durante la sua fuga all’estero, lavori che si inseriscono nel filone letterario antimilitarista e pacifista della prima guerra mondiale. Dall’estate del 1916 al novembre 1918 Francesco Misiano si trasferisce nel paese elvetico dove collabora al giornale l'Avvenire del Lavoratore, organo principale del Partito Socialista. Durante il soggiorno svizzero ha modo di intervenire contro l'espulsione che colpisce Willy Munzenberg segretario del Bureau giovanile dell’Internazionale Socialista; il primo rapporto che si istituisce fra lui e il futuro esponente del partito comunista tedesco del quale in seguito diverrà uno dei più stretti collaboratori. Proprio tra il ‘17 e il ’18 Misiano scrive la novella La tessera che viene pubblicato ne L’avvenire del Lavoratore il 10 Marzo del 1917. La tessera racconta la storia di un soldato socialista che uccide all'arma bianca un soldato nemico per scoprirgli in tasca la tessera del partito socialista. Risale a questo stesso periodo il dramma Tenebre scritto a Zurigo e stampato dall’ editore Bianciardi. Qui si racconta la storia in due atti di un uomo che torna dalla guerra mutilato e paralizzato e che per generosità rinuncia alla fidanzata quando si accorge del suo amore per un giovane socialista impegnato nella lotta contro la guerra. Direttamente da Mosca, ad opera del ricercatore crotonese Demetrio Iannone, autore di un breve saggio inserito nel corposo volume, arrivano, inoltre, gli esiti di nuovi studi storiografici. Tra gli altri contenuti interessanti vi sono la descrizione dell’incontro tra Corrado Alvaro e Francesco Misiano a Mosca nell’estate del 1934 e lo scritto di Mario La Cava in occasione dei cento anni dalla nascita.

                                                                                       

 

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Calabria Guida al Cineturismo

 

« E' stata scoperta la Calabria, prima o poi doveva capitare”. Così scriveva   Luigi Chiarini sul Corriere della Sera a proposito di  Patto col Diavolo il film che lui aveva girato valendosi della preziosa collaborazione letteraria di Corrado Alvaro, a suggellare la nascita di una idea di Calabria cinematografica, giusta o sbagliata che fosse, e con essa il mito di una terra arcaica e primigenia dove spiravano venti di passione. Parallelamente In quegli anni autori come Elio Ruffo e Silvestro Prestifilippo tentavano la strada di rappresentare la Calabria dal di dentro con opere coraggiose come Tempo d’amarsi e Carne Inquieta, raccontando storie con toni neorealistici, provando comunque a delocalizzare l’iniziativa di produzione cinematografica, che allora era impensabile nascesse fuori dalla capitale. Tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50 registriamo dunque questi due movimenti contrapposti :produzioni che scelgono la Calabria per ambientare melò e duelli rusticani, e giovani registi che provano a tracciare un discorso sull’identità calabrese, di una regione povera, agricola, che si rialza dalle alluvioni e dalle ferite delle lotte contadine per l’occupazione delle terre.« Queste immense distese di foreste, di rupi, di laghi, hanno un nome pieno di fascino, la Sila, cuore della Calabria. Gli uomini che vi nascono e vivono sono di una razza generosa e forte. In essi il cuore resta fanciullo, le passioni sono violente e schiette. Il destino segue il corso delle stagioni, del sole, delle tempeste. Nella solitudine e nel silenzio della Sila si perde il confine tra realtà e leggenda. Così avviene in questa storia d'amore e di sangue che fu tragicamente vera ed è già come un sogno »È questo l’incipit de Il Lupo della Sila , il film di Duilio Coletti che segna il ritorno di Amedeo Nazzari in Italia dall’Argentina, dove l’attore nazionale era andato a riparare nel dopoguerra, lui che era stato anche un divo di regime. Ruggero Gualino della Lux film lo mandò a chiamare per girare questo film che incassò ben 375 milioni all’epoca, , quasi raddoppiati da Il Brigante Musolino l’anno dopo per la regia di Mario Camerini. Poi sarebbe venuto Germi per  girare una parte de Il Brigante Tacca del Lupo . Questi tre film, tutti con il divo nazionale, segnano la strada del cinema che si può girare in Calabria, con un genere che assomiglia al western americano che allora andava fortissimo ; certo non c’è ancora il colore e il formato cinemascope , ma c’è una terra che racconta i propri drammi e le proprie storie, come quella della repressione del brigantaggio e del bandito Giuseppe Musolino. Qualche anno dopo arrivano i documentaristi come Vittorio de Seta e Luigi Di Gianni a girare in Calabria alcune delle loro opere piu’ rappresentative come Lu tempu de Li piscispata, I dimenticati, Donne di Bagnara, a chiudere simbolicamente il decennio del 1950. De seta sperimenterà a sue spese il formato cinemascope e il colore per descrivere la vita dei pescatori dello stretto firmando un’opera che in tempi piu’ recenti avrebbe ricevuto il supremo encomio di Martin Scorsese. Questi giovani autori, che hanno assimilato la lezione di Luchino Visconti ne “ La terra trema”, che frequentano Ernesto de Martino e Alan Lomax, daranno vita ad un movimento di rinnovamento del cinema italiano che dura fino ai giorni nostri , svincolando la cultura popolare dal folklore, e valorizzando non poco il Sud e la Calabria come regione di giacimenti etno-antropologici.

Non vi è dubbio che si debba partire da questo periodo per parlare di Calabria e di Cineturismo,  questa forma di turismo di chi si reca in visita alle location cinematografiche, ossia ai luoghi utilizzati per le riprese di un film . Sempre piu’ numerosi sono infatti i turisti che, nel mondo, scelgono  di far visita ad una città o ad uno scenario reso famoso da un film. Esempi che si citano spesso, negli ultimi anni, da quando è nato questo termine, sono Il signore degli anelli, la trilogia di Peter Jackson che ha reso famosa la Nuova Zelanda e , piu’in piccolo e televisivamente parlando, Il commissario Montalbano , che ha incentivato il turismo siculo. Il cinema infatti rende protagonista quel paese, quella spiaggia, quel luogo, suggellando una specie di patto  e sancendo un’identità, anche in una regione come la Calabria dove non è immediato associare una località  ad un film famoso. Per certi versi possiamo affermare come invece nel nostro territorio, queste istanze provenienti specialmente dal mondo della promozione turistica siano state sentite con molto anticipo sui tempi se pensiamo ad uno dei primi film “ cineturistici” per eccellenza che è  La ballata dei mariti di Fabrizio Taglioni, nato nei primi anni 60 da una sinergia di enti locali territoriali che pensarono di incentivare la produzione di una pellicola che servisse per promuovere le bellezze paesaggistiche della provincia di Catanzaro.  Oltre al Lago Ampolino e all’Aspromonte, dei primi anni ‘50 sono diversi i “luoghi del cinema “ che entrano nell’immaginario collettivo come siti del cinema calabrese se pensiamo al Castello Aragonese di Le Castella, dove Monicelli girò L’armata Brancaleone, Il borgo di Palizzi de Il Ragazzo di Calabria o , in tempi piu recenti ,il paesaggio rupestre dei paesi grecanici di Corpo celeste,  le carbonaie di Serra San Bruno de Le quattro volte .Il paesaggio del cinema arriva al terzo millennio passando anche i mutamenti di uno sviluppo edilizio disordinato (Il ladro di bambini ) o addirittura un luogo anti-paesaggistico come ne La ciambra di Jonas Carpignano. Indubbiamente la Calabria offre al turista e allo scout.manager una varietà di vegetazione, di siti, di paesaggi, come pochi altri posti al mondo , se pensiamo che in pochi chilometri quadrati  ci sono ottocento chilometri di costa, con spiagge sabbiose e scogliere, boschi immensi e montagne scoscese, calanchi e campagne verdissime, aree archeologiche e borghi ancora ben conservati. In proposito , tra Riace e Badolato  è passato pochi anni fa anche Wim Wenders, celebrato come un messia del cinema, a raccontare  frammenti della nuova immigrazione e della Calabria dell’accoglienza. Tra i successi degli ultimi anni, oltre ai titoli di cui sopra, una menzione speciale merita Anime Nere , nato dal felice connubbio di uno scrittore talentuoso come Gioacchino Criaco e di un regista rigoroso come Francesco Munzi, che con il quale Casalinuovo di Africo  diventa la nuova Tebe, il luogo  della tragedia eschilea, del dramma ancestrale, recuperando il mito antico e l’aggiacciante contemporaneità. Questa pubblicazione, dal tono divulgativo, nasce per far conoscere  una Calabria diversa, ma assolutamente reale, di regione in cui sono nati o hanno vissuto scrittori, registi, attori, artisti, innamorati di questa terra che purtroppo non riesce a fare notizia per fatti culturali. Emblematica è la grande storia di Francesco Misiano, che da Ardore parte alla conquista del mondo del cinema, diventando il Presidente della Mezrabpom film , la piu’ grande casa di produzione cinematografica sovietica degli anni 20 e 30 ,invitando a Mosca Douglas Fairbanks e Mary Pickford per promuovere la nascente industria del cinema. Questa e altre storie troverete ne “Calabria.Guida al Cineturismo”  un manuale leggero ma allo stesso tempo intenso dei luoghi e dei personaggi del cinema.

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 La grande avventura : calabresi ad Hollywood

La Cineteca della Calabria riscopre Tony Gaudio e Nicholas Musuraca

Una mostra allestita presso la Biblioteca Nazionale di Cosenza  e dedicata ai grandi Direttori italiani della fotografia di Hollywood, Tony Gaudio e Nicholas Musuraca  apre le attività autunnali del Premio Mario Gallo , organizzato dalla Cineteca della Calabria e giunto quest’anno all XI edizione. Entrata dallo scorso anno nel novero degli eventi culturali storicizzati della Regione calabria, e riconosciuta sin dalla sua fondazione dal Ministero dei beni culturali per la Promozione cinematografica, questa iniziativa , da sempre una delle piu’ prestigiose ,si caratterizza per promuovere il cinema di qualità nazionale e internazionale. Numerose le novità dell’edizione di quest’anno, che ha già visto premiare Gianfranco Pannone e Marco Dentici, con un evento  autunnale dedicato  al grande cinema degli italoamericani meno conosciuti, proprio perché  da riscoprire. Calabresi di nascita, perché Tony Gaudio nacque a Cosenza e Nicholas Musuraca a Riace, vissero la grande stagione del cinema Hollywoodiano come direttori della fotografia, il mestiere piu’rigorosamente cinematografico, tant’è che in inglese si chiama “ cinematographer” raccogliendo premi e riconoscimenti per la loro bravura. Tony Gaudio vinse addirittura l’Oscar nel 1937 per Avorio Nero , un film di Melvin Le roy divenendo il primo italiano a vincerlo, precedendo di 11 anni Vittorio De Sica. Fu il fotografo abituale di Bette Davis che apprezzava particolarmente il suo lavoro ed è un film con la diva, Il conquistatore del Messico, che gli porta la seconda nomination. Una terza candidatura arriva nel 1941 per Ombre malesi, in cui Gaudio illumina la Davis con la luce della luna piena, mentre l'ultima è del 1945 per il film L'eterna armonia di Charles Vidor.Piu’ famosi i film di Nicholas Musuraca, che, debitore dello stile impressionista tedesco, inizia e finisce le sue opere con le ombre, laddove il tono dominante dei lavori è il color nero, riuscendo  dove nessun altro prima ad ora vi era riuscito, anche esportando questo suo stile ad altri generi come il western "Sangue sulla luna". Neri profondi, grigi lisci e bianchi vivi coesistono nella sua fotografia, il posizionamento delle fonti d'illuminazione non più dall'alto, ma dal basso come lampade da tavolo, caminetti o fuochi, fasci di luce all'interno di una cornice scura, illuminazione dei contorni (figure e volti in primo piano sono illuminati lateralmente o posteriormente enfatizzando il contorno) e sempre esperimenti per creare suggestive astrazioni (come ombre sulle pareti e sui soffitti) sono la chiave per capire chi era Nicholas Musuraca. All'inizio degli anni Quaranta avviene la svolta il produttore di film horror Val Lewton lo chiama per girare alcuni suoi film considerati all'epoca di serie B, oggi finalmente rivalutati come Il bacio della pantera del 1942, " e "Il giardino delle streghe,  Bedlam   La scala a chiocciola che fanno di Musuraca un esempio di novità per come illumina la scena e per l'uso che ne fa del color nero. Saranno a venire i noir come Lo sconosciuto del terzo piano del 1940 a metterlo su quel piedistallo che ne decreterà uno dei membri fondatori dello stile noir visivo.

 

 

 

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L’avventura del cinematografo con Corrado Alvaro/ Cineormanzi 1936/1950, una elegante pubblicazione che  raccoglie una serie di cineromanzi tratti da film ai quali collaborò lo scrittore di San Luca , che ebbe una intensa carriera di sceneggiatore e critico cinematografico. La pubblicazione , edita dalla Cineteca della Calabria è curata da un qualificato gruppo di professionisti : Eugenio Attanasio per ricerche biblio-fimografiche e direzione scientifica, Antonio Renda per Immagini e coordinamento editoriale Guglielmo Sirianni per la grafica,Raffaele Cardamone e Domenico Levato per collaborazione ai testi e consulenza letteraria, Mariaorosaria Donato e Luigi Stanizzi per comunicazione ufficio stampa.

 L’evento rappresenta un’importante occasione per riscoprire e valorizzare la figura dello scrittore di San Luca e il suo importante contributo nel mondo del cinema italiano in un periodo molto fiorente grazie agli interventi voluti dal regime .Lungi dall’essere esaustiva sulla complessa e variegata attività di Alvaro come sceneggiatore, dal primo film L’angelo ferito passando per  quelli più celebri Casta Diva, Noi Vivi, Caccia Tragica, Riso Amaro, sono ben ventisette i film scritti da Alvaro che hanno contribuito alla storia del cinema italiano. 

Il debutto di Corrado Alvaro, come soggettista-sceneggiatore è con L’angelo ferito di Ermete Santucci Nel 1927 l’assistente di Filoteo Alberini, dopo un lungo pedinamento per le vie di Roma raggiunge ed aggancia al Pincio lo scrittore calabrese Corrado Alvaro, intento a godersi un po’ di sole su una panchina. al Pincio e lo assale:— Tu mi devi fare un soggetto cinematografico…— Ma io non mi sono mai occupato di cinematografo!— Non fa nulla. Conosco bene il tuo genio inventivo e la tua vena poetica. O il soggetto o la morte. Di qui non si scappa. Così Si danno appuntamento il giorno dopo nella redazione del giornale dove lavora Alvaro. Lo scrittore ricorda bene quella visita del febbraio 1927: “Mi vengono in redazione due signori enormemente dinamici. E intelligenti anche. Dio grazia! Con tante visite di mezzi scemi! Uno di questi è Ermete Santucci, nipote del Commendator Filoteo Alberini, fondatore, come ognuno sa, della vecchia gloriosa Cines e inventore di un apparecchio da presa (venduto, naturalmente, per necessità agli americani) che permette di ritrarre con un angolo di 90 gradi, anziché di 45 ch’era il massimo che si poteva sino a ieri.”Così inizia la carriera di Alvaro come soggettista e scrittore per il cinema, che durerà,  fino al 1953

La matrice letteraria e è evidente nell’Alvaro che opera sul versante cinematografico non solo quando crea personalmente i soggetti e le sceneggiature cinematografiche ma anche quando rielabora in tutto e in parte testi letterari di altri autori, che, si badi bene, sono intellettuali  di levatura internazionale :Terra di nessuno, sceneggiatura di Alvaro e Stefano Landi è tratto da due distinte novelle di Pirandello, Dove Romolo edificò e Requiem aeternam dona eis domine ; Noi vivi e Addio Kira dal romanzo di Ayn Rand ;Carmela per la regia di Flavio Calzavara  dall’omonima novella di Edmondo De Amicis ; Una donna tra due mondi di Goffredo Alessandrini è  ricavato da un romanzo di Ludwig von  Wohl ;Resurrezione del 1944 per la regia di Flavio Calzavara è una riduzione cinematografica del romanzo di Leone Tolstoj, il diario di una donna amata  per regia del tedesco Kosterlitz si richiama a  Maupassant ; Storia di una capinera realizzato da Gennaro Righelli è strutturato su un soggetto tratto dal noto romanzo di Giovanni Verga; L’albero di Adamo di Mario Bonnard,  è realizzato da un soggetto tratto dalla commedia il successo di Alfredo Testoni ; Una notte dopo l'opera viene chiamato come sceneggiatore assieme all’altro calabrese, Raul Maria De Angelis ; in Solitudine, di Livio Pavanelli, lavora in collaborazione. Per  altri film invece la partecipazione di Alvaro è proprio come soggettista originale, e sono Febbre di Primo Zeglio e  Donne senza  nome  di  Géza von Radványi,. Casta Diva di Carmine Gallone,  invece appartiene al cosiddetto filone operistico e  si richiama alla celebre romanza della norma di Vincenzo Bellini e alle vicende sentimentali del compositore catanese.

 L’Alvaro sceneggiatore con la sua attività dimostra di partecipare intensamente a quel cinema di nuove tendenze propugnato in Italia da Emilio Cecchi e difatti le sceneggiature del tempo, affidate a letterati di grande levatura, si presentano assai più accurate e ricche di fini notazioni psicologiche; il paesaggio sino ad allora trascurato conquista un ruolo di rilievo e si afferma un nuovo linguaggio nello spettacolo cinematografico. Aspetti, tematiche ed elementi che contribuiscono alla fioritura del neorealismo italiano la cui importanza consiste non solo nello stile volutamente documentaristico ma anche soprattutto nella scelta dei soggetti trattati. Nel dopoguerra particolarmente importante è  la collaborazione con Giuseppe De, Santis tra i primi padri del neorealismo. Con il regista di Fondi Alvaro firma la sceneggiatura di tre film Caccia Tragica Riso Amaro e Roma  ore 11:00 scrivendo anche il soggetto e il trattamento di Nostro pane quotidiano pellicola ispirata alla la storia dei famosi” fatti di Melissa” che non viene però realizzata .Il soggetto viene elaborato in collaborazione con Basilio Franchina e Fortunato Seminara  recava inizialmente il titolo di noi che facciamo crescere il grano rievocando il film di King Vidor che propugnava un ritorno alla terra per superare la la pesante crisi economica in atto

. Completano la raccolta nel volume , due pezzi di Alvaro critico cinematografico la Grammatica del film e Diario di un soggettista , scritti per “Scenario” e un breve saggio su Pirandello e gli sceneggiatori, pubblicato su “Cinema”, nel quale parla del lavoro sul film Terra di nessuno di Mario Baffico..

 

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Storie di uomini e animali  Figli del Minotauro

Inizio estate è periodo di partenza della transumanza, questa antichissima migrazione stagionale delle greggi, delle mandrie e dei pastori che si spostano dai pascoli delle pianure verso le zone montane percorrendo le vie naturali dei tratturi. Cantata da Gabriele d’Annunzio è una pratica millenaria di uomini e animali che in pieno XXI secolo si riempie di nuovi significati, anche alla luce della constatazione di ritrovarsi nell’era delle pandemie, in una società contemporanea che si ritrova improvvisamente fragile e insicura nelle strutture che ha costruito. Ma la transumanza è anche una metafora del cammino dell’uomo e del bovino, iniziato diecimila anni fa con la domesticazione. Figli del Minotauro/Storie di uomini e animali è il titolo del libro, curato da Eugenio Attanasio, con le foto di Antonio Renda, che integra un progetto antropologico complesso della Cineteca della Calabria. La pubblicazione documenta le fasi della realizzazione del documentario, che ha seguito nelle stagioni un gruppo di allevatori di Marcedusa (CZ) che pratica l’allevamento semibrado delle podoliche, la razza tipica calabrese, impegnandosi nella ricostruzione di ipotesi di caccia primordiale e raffigurazioni parietali; in Calabria è sito uno dei piu’antichi graffiti del mondo, il Bos Primigenius di Papasidero , opera di un artista del mesolitico. La civiltà cosiddetta pastorale custodisce un ricco novero millenario di conoscenze che è importante tutelare  e per questo la transumanza è stata dichiarata  dal comitato patrimonio mondiale dell'Unesco, riunitosi  a Bogotà, patrimonio culturale immateriale dell'umanità. Non manca il leggendario re Italo del quale scrivono Tucidide e Aristotile, che colpì l’immaginazione dei primi coloni greci che sbarcarono nell’Istmo delle Calabrie e trovarono questa popolazione che allevava i vitelli. Un lavoro che parte dalla preistoria per compiere una riflessione  sull’identità calabrese nel terzo millennio, dove esiste ancora un rapporto dell’uomo con la natura e con il territorio, troppo spesso altrimenti sacrificato alle esigenze di sviluppo urbano, commerciale e industriale. Nella società contemporanea stiamo assistendo ad una demonizzazione  del consumo di carne animale dovuta alle pratiche scorrette dell’allevamento industriale, indirizzato alla massimizzazione dei profitti e al consumo delle risorse agricole mondiali. L’allevatore semibrado invece esercita una precisa funzione eco ambientale, contribuendo a mantenere integro il paesaggio ed a vivere in simbiosi con animali e specie vegetali. Proprio dalla riconosciuta valenza di questo ruolo è nata, all’interno del parco della Sila la figura del Pastore custode del Parco per la salvaguardia e la tutela del territorio..

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Tony Gaudio Cinematographer / Una storie ritrovata

Dopo la mostra inaugurata il 15 novembre (ANNO) all’ex MAM di Cosenza In occasione dei centoquarant’anni dalla nascita, la Cineteca della Calabria ha  presentato nei saloni della Mostra Tony Gaudio cinematographer/Una storia ritrovata  una elegante pubblicazione di quasi 300 pagine , curata da Eugenio Attanasio e Mariarosaria Donato con la collaborazione di Antonio Renda  per l’elaborazione delle immagini, Guglielmo Sirianni per la grafica e Raffaele Cardamone per i testi .

davanti un pubblico interessato a conoscere gli esiti delle ricerche d'oltre Oceano sui fratelli Gaudio, Tony e Eugene. Sono intevenuti Domenico Canino, Valentina Caramuta, Luigi Stanizzi, Enzo Garofalo, Adele Filice e tanti altri. Si tratta di un ritorno a casa per i fratelli Eugenio e Antonio Gaetano Gaudio che nel 1906 lasciano lo studio fotografico di famiglia sito in Corso Telesio per provare la grande avventura del cinema emigrando negli Stati Uniti. La pubblicazione si inserisce nel filone di opere che la Cineteca dedica ai grandi personaggi calabresi del cinema, iniziato con Elio Ruffo/tempo di Cinema e proseguito con Vittorio De Seta/ Lettere dal Sud e Francesco Misiano/Cinema e Rivoluzione, presentati presso i maggiori Festival e le piu’ importanti strutture nazionali, come Il Museo del Cinema di Torino, il Salone Internazionale del Libro, Le Giornate del Cinema Muto di Pordenone Questa pubblicazione raccoglie una serie di  articoli e foto pubblicati prevalentemente da e su Tony Gaudio sulla prestigiosa rivista American Cinematographer, organo dell’Associazione dei Direttori della Fotografia della quale fu socio, fondatore e anche presidente, a dimostrazione della grandezza del personaggio, ancora non del tutto conosciuto dal grande pubblico. Unitamente a queste traduzioni per accompagnare il lettore in questo percorso di scoperta e di riscoperta, ci sono i cineromanzi, alcuni originali, altri ricostruiti e restaurati, dei film piu’ significativi nei quali ha lavorato. Il cineromanzo costituisce, partendo sin dagli anni 30 un fenomeno editoriale di enorme popolarità. rappresentando il racconto romanzato tratto dalla trama di un film di successo. I racconti sono riccamente illustrati da fotogrammi tratti dai film novellizzati o da fotografie di scena scattate direttamente dai professionisti presenti nei loro set.

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Lettere dal Sud/ Vittorio de Seta  è  il titolo del libro, edito dalla Cineteca della Calabria nella ricorrenza del decennale della scomparsa.(2011-2021) .Una pubblicazione che raccoglie lettere inedite, diari, articoli, conversazioni e testimonianze   ripercorrendo alcuni  momenti piu’significativi, del regista e dell’uomo, valendosi di  contributi autentici e qualificati di intellettuali, giornalisti e persone che lo hanno conosciuto realmente,.Un prodotto editoriale  importante che giunge al termine di un lungo lavoro effettuato dalla Cineteca della Calabria sul regista, del quale la Cineteca custodisce l’opera omnia, ed iniziato  vent’anni fa con la prima ristampa dei documentari  54’59, proseguito nelle scuole con i progetti di alfabetizzazione e di divulgazione del cinema antropologico, e che oggi storicizza l’impegno  della Cineteca  nel tenere viva la memoria e indirizzare nuovi cammini di studio e ricerca. il volume si arricchisce di ricordi personali della figlia Francesca e della nipote Vera Dragone, attrice e cantante, esponente di una famiglia che si divideva tra il cinema del nonno Vittorio  e il teatro della nonna Vera Gherarducci. Nell’opera si racconta dei viaggi e dei lunghi ritorni nel meridione di un maestro del cinema che ha saputo raccontare cinquant’anni di società italiana con lo sguardo dell’antropologo e la sensibilità dell’artista. La sua avventura comincia nel 1954 tra Calabria e Sicilia ,quando il giovane Vittorio inizia la sua  prestigiosa carriera di documentarista, in trasferta da Roma dove ha lasciato la  moglie, Vera, alla quale racconta, in un piccolo epistolario qui raccolto, le cose che gli succedono davanti agli occhi. Incontri epocali, come quello con Alan Lomax e Diego Carpitella, che ha suscitato dibattiti tra gli etnomusicologi, per le collaborazioni e l’utilizzo delle musiche. Il regista e i due ricercatori compiono un percorso parallelo di ricerca, tra musica e documentazione antropologica, che viene citato ancora oggi per la ricchezza dei materiali. Qui gli si rivela di una realtà, quella del meridione , fatta di contadini, pastori, pescatori, minatori, affascinante, misteriosa, dove si lotta contro la natura per sopravvivere…

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In un elegante contenitore trovano posto il documentario In cammino con Gioacchino , con sottotitoli in italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco, la Mappa dei luoghi gioachimiti e delmonachesimo e il volume estratto dal documentario, al quale hanno collaborato il Centro StudiGioachimiti di San Giovanni in Fiore, presieduto da Riccardo Succurro, Antonio Renda, NicolaCarvello, Guglielmo Sirianni e Raffale Cardamone. Una pellicola "on the road", girata in occasione della camminata realizzata dalla Uisp di Catanzaro, che ha unito le province di Catanzaro e Cosenza, da Corazzo di Carlopoli a San Giovanni in Fiore, nel nome del "calavrese di spirito profetico dotato" immortalato anche da Dante nella Divina Commedia. Immagini, quelle del docu-film, che restituiscono, con interviste ad esperti e studiosi, il percorso seguito, nell'estate del 2015, da un gruppo di escursionisti impegnati a seguire le orme dell'abate attraversando monti e valli della Sila, passando dai luoghi straordinari che recano le tracce del suo cammino. Un percorso non solo fisico, ma anche spirituale che ha consentito di avvicinarsi alla figura e al pensiero di una straordinaria personalità della cultura mondiale. "Gioacchino da Fiore, infatti può essere visto da diversi angoli visuali: dalla teologia alla storia, dalla filosofia all'antropologia, rimanendo un personaggio 'iniziatico' che presuppone uno studio e un approccio sicuramente non facile e non adatto a tutti. Nonostante questa sua difficoltà egli resta uno dei calabresi più conosciuti e apprezzati nel mondo. La Sila tutta fu terreno d'elezione delle predicazioni gioachimite e dell'ordine florense che diede vita a numerose 'domus' andate perdute e che oggi riecheggiano nelle toponomastiche dei luoghi.'In Cammino con Gioacchino' vuole essere un invito a scoprire questo mondo affascinante e perduto per proporre itinerari sconosciuti ai più, da percorrere a piedi per riflettere sulla vita e l'opera di un grande del tempo, conteso da Papi e imperatori, in un momento in cui la Calabria si poneva come centro dell'universo allora conosciuto". Sullo sfondo, la Calabria, una terra di monaci, eremiti, santi, anacoreti, che hanno lasciato segni indelebili. "Oggi è in corso un processo di canonizzazione di questo grande teologo e filosofo, citato da Dante ad Obama, tradotto in tutte le lingue. Tra le letture più originali del suo pensiero, il lavoro si sofferma sulle immagini del Liber Figurarum, identificandolo come uno dei primi esempi di linguaggio cinematografico ante litteram. Per le predicazioni tra la gente l'abate Gioacchino, infatti, usava disporre di illustrazioni che consentivano una maggiore fruibilità al popolo per veicolare il suo innovativo messaggio