Promozione

 

Il rapporto del cinema con le spettatore è drammaticamente cambiato. Abbiamo assistito negli anni '80 alla crisi della sala cinematografica, poi vi è stata una ripresa alla fine degli anni '90, registrando oggi l’ulteriore trasformazione del cinema digitale. Avvicinare il pubblico è diventata una necessità per tutti quelli che vivono e amano questo mondo e la Cineteca, attenta cronista del momento, si impegna in una serie di percorsi di divulgazione dell’arte cinematografica condotti in forma monografica, oppure tematica, che costituiscono una parte importantissima della sua intera attività.

Oltre ai lavori che presentano una mappatura del territorio ed una valorizzazione delle bellezze della Calabria, diverse sono poi le produzioni tese a promuovere una riflessione culturale e soluzioni di analisi e ricerca sulle tradizioni e le proiezioni dei Sud del mondo. 

 

Progetti                                                                                                                   

 

Tutti i Sud del mondo

Tutti i Sud del mondo nasce per parlare di un cinema che tratta problematiche culturali, sociali, antropologiche ed etniche legate alla gente, che soffre e lotta per migliorare le proprie condizioni.

C’è un concetto di sud comune a tante diverse realtà culturali e territoriali che esiste in relazione ad altre, sulla carta più evolute. Cosa vuol dire essere a sud di? E' un’indicazione geografica, una condizione esistenziale, tutte eddue o nessuna delle due? Nel nostro sistema di pensiero il concetto di Sud si contrappone a quello del Nord, delle aree industrializzate per eccellenza e caratterizzate da un alto tenore di vita, di sviluppo e consumi. Il Sud, invece, è spesso sinonimo di concetti negativi: emigrazione, disoccupazione, mafia.

La I edizione nel 2000 inaugurata dalla presentazione di Melissa 49/99, film sull’occupazione delle terre nel meridione, prodotto dalla stessa Cineteca della Calabria, è proseguita con Un canto per Beko e Terra del Fuoco.

Nel corso della II edizione nel 2001, dedicata al cinema italiano merdionalista, si è tenuta la prima del film Terrarossa del regista ligure Giorgio Molteni, innamorato della Calabria a cui ha dedicato questo film intenso ed amaro, tratto da un racconto del massimo scrittore calabrese vivente, Saverio Strati, La Teda. Sangue Vivo di Edoardo Winspeare, descrizione di un Sud povero ma rivolto al disperato sogno di riscatto, e Lavagne di Samira Makhmalbhaf, opera densa di spunti e riflessioni sulle diverse culture islamiche e sulla tragedia curda,  sono stati i film che hanno concluso la rassegna e che hanno offerto l’occasione per una Conversazione sull’Islam, coordinata da Lakdar Lancine dell’Università della Calabria.

Nel 2002, anno della III edizione, il festival si apre anche al mondo della scuola a cui propone le proiezioni oltre che del celebrato La battaglia di Algeri  di Gillo Pontecorvo, l’inedito o quasi Giovanna, mediometraggio dello stesso regista, restaurato di recente.

Filo conduttore della seconda parte del festival è stato il cinema e il documentario australiano: Sguardi Australiani, una rassegna  in tredici film di registi australiani che raccontano la metropoli e la lontananza, promosso dall’Associazione Lacunae.

Dopo una prima visione australiana, The Tracker di Rolf de Heer , e Last Wave di Peter Weir  il festival ha chiuso i battenti con il consueto convegno dedicato all’ Integrazione della comunità aborigena in Australia  coordinato da Cesare Pitto, antropologo dell’Università di Cosenza.

All’ultima edizione, svolta in collaborazione con l’ARDIS, Agenzia Regionale per il Diritto allo Studio Universitario, che ha proposto il tema Mafia-Cinema-Territorio,  ha partecipato, tra gli altri, il regista Pasquale Scimeca, autore di Placido Rizzotto.


Territori di cinema

Territori di cinema, in collaborazione con l’ Agenzia Regionale per il Diritto allo Studio, nasce dall’esigenza di proporre come soggetto culturale un territorio. Si sviluppa tra le province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia.


Il cinema ai tempi del muto

Una serie di incontri a tema con proiezioni ed approfondimenti, destinati al mondo della scuola, partiti dalla preistoria del cinema, le prime proiezioni dei fratelli Lumière, per arrivare ai kolossal del muto, come il capolavoro di Fritz Lang, Metropolis, passando attraverso le comiche e il cinema di animazione.

Di particolare rilievo il momento dedicato a un classico della produzione italiana, Assunta Spina di Gustavo Serena, con la “divina” Francesca Bertini, proposta nella  versione restaurata dalla Cineteca di Bologna, e rimusicata per l’occasione dai musicisti Guido Sodo e Laurent Cantet, che hanno eseguito un accompagnamento dal vivo, proprio come ai primi del secolo, in cui la visione cinematografica era sempre accompagnata dalla musica eseguita dal vivo.

Il cinema muto nelle sue molteplici sfaccettature, divertenti, più seriose, drammatiche, comunque terribilmente affascinanti. Ad introdurre la proiezione dell’opera , proiettata a 18 fotogrammi al secondo, la velocità originaria del muto, è stato il critico cinematografico Nino Genovese, autore di numerose monografie sugli autori del primo novecento, con particolare riferimento alla produzione meridionale.


Incontri cinematografici silani

In collaborazione con la Comunità Montana della Presila Catanzarese, si apre nel 2001 il primo ciclo di Incontri Cinematografici che ha come protagonisti Amedeo Nazzari e le produzioni della Lux film, girate tra la Sila e l’Aspromonte, e Gianni Amelio nato proprio alle pendici dell’altopiano silano.

Amedeo Nazzari Divo della Montagna è il titolo della rassegna che introduce subito il tema della manifestazione: il rapporto tra il Divo Amedeo Nazzari e la montagna.

Dal 1949 al 1952 la Lux film  sceglie la montagna e in particolare la Sila, scenografia naturale, per i tre film di grande successo di pubblico con Amedeo Nazzari, affidandone la direzione a tre registi del tutto diversi tra loro: Duilio Coletti, che non si pone velleità artistiche, Mario Camerini, già affermato regista di commedie durante il periodo fascista, che realizzerà in seguito kolossal e film di grande respiro produttivo, Pietro Germi, un autore che mette d’accordo critica e pubblico puntando al grande cinema.


Il Brigante Musolino di Mario Camerini

Con Amedeo Nazzari Silvana Mangano

Ispirato alle note vicende di Giuseppe Musolino, detto il bandito dell’Aspromonte, il film propone l’immagine popolaresca del  brigante diventando uno dei più grandi successi della stagione 1950/51 con 657 milioni di incasso.

Giuseppe Musolino, bracciante non tollera soprusi, incastrato da falsi testimoni, viene condannato all’ergastolo: giura vendetta e quando scappa uccide i suoi nemici. Si consegnerà ai Carabinieri solo dopo la morte della sua compagna.


Il Lupo della Sila di Duilio Coletti

Con Amedeo Nazzari, Silvana Mangano, Vittorio Gassmann, Jacques Sernas

Un giovane contadino viene accusato  di un delitto che non ha commesso, costretto a tacere per non compromettere la ragazza con cui aveva trascorso la notte, Orsola . Condannato, evade ma viene ucciso. La sorellina decenne, Rosalia, medita la vendetta, e , una volta cresciuta, fa innamorare di sé Rocco, interpretato da Amedeo Nazzari, il fratello di Orsola, che le aveva impedito di testimoniare e poi fugge con suo figlio. Rocco li insegue ma lei lo uccide.

Drammone a fosche tinte, il film, girato in Sila Piccola, tra l’Ampollino e S.Giovanni In Fiore, ebbe un notevole successo incassando nella stagione 1949/50 451 milioni.


Il Brigante di Tacca del Lupo (1952) di Pietro Germi

Con Amedeo Nazzari, Cosetta Greco, Saro Urzì, Vincenzo Musolino.

Un reggimento di bersaglieri dà la caccia al  famoso brigante, Raffa Raffa. Ostacolato dall’omertà della popolazione, il comandante del battaglione riuscirà a catturare il bandito solo con l’aiuto della ragazza da lui disonorata e del suo fidanzato, deciso a vendicarla.

Terzo film della prestigiosa Lux di Riccardo Gualino girato in Calabria,  in cui emerge tutta l’asprezza del suo territorio da Pentadattilo a Motta S.Giovanni, degna di nota è la presenza oltre che di Nazzari, anche dell’attore calabrese, Vincenzo Musolino, protagonista di una stagione del cinema neorealista italiano, che ricordiamo in film come “Due Soldi di Speranza” di Renato Castellani e “Tempo d’amarsi” di Elio Ruffo

Nel 2002, anno della Montagna, l’attenzione si sposta sul cinema documentaristico, che annovera nel nostro paese alcuni dei maestri del genere, riconosciuti a livello internazionale, abbracciando l’intero territorio della Sila Calabrese: Vittorio de Seta,  calabrese e silano, decano del documentario italiano, che tra il 1954 ed il 1959 gira una serie di documentari nel Sud Italia, con una piccolissima troupe, fermando su pellicola una civiltà che stava per scomparire.

Luigi di Gianni cui il 32° Festival di Berlino ha dedicato una retrospettiva, autore anch’egli di splendidi documentari etnografici sulla civiltà e cultura meridionale.

Gli Incontri propongono un ritratto inedito di Mario Gallo, produttore cinematografico di fama internazionale, visto qui nel suo passato di documentarista, prima di intraprendere la strada del grande cinema.

Una sezione di questi incontri si incentra sull’utilizzo delle nuove tecnologie digitali nel cinema e nel documentario a soggetto.


Omaggio a Raf Vallone

Il 17 di febbraio del 2004, nella ricorrenza degli 88 anni dalla nascita, la Cineteca della Calabria, l’ARDIS – Agenzia regionale per il Diritto allo studio universitario, il Conservatorio Musicale  Torrefranca di Vibo Valentia, ha ricordato la prestigiosa figura di Raf Vallone.

Uomo di grande cultura, Raffaele Vallone nato a Tropea, in Calabria, dopo aver conseguito due lauree, Lettere e Giurisprudenza, debutta come attore nel 1946 al Teatro Gobetti di Torino con Woyzek di G. Buchner, per la regia di V. Ciuffi. Nel 1949 il regista De Santis lo sceglie per affidargli il ruolo maschile in Riso Amaro. Dopo questo film d’esordio Vallone è diretto dai più grandi registi del cinema nazionale e internazionale: Il cammino della speranza di P. Germi, Il Cristo proibito di C. Malaparte, Non c’è pace tra gli ulivi di G. De Santis, Anna di A.Lattuada, Le avventure di Mandrin di M. Soldati, Teresa Raquin di  M. Carné; Uno sguardo dal ponte di S. Lumet con il quale nel 1962 il David di Donatello per la migliore interpretazione maschile; Il cardinale di O. Preminger, Jean Harlow, la donna che non sapeva amare di G. Douglas, solo per citarne alcuni.

Per ricordare la sua figura è stato proiettato per le scuole di Vibo Valentia il film Il Cammino della Speranza di Pietro Germi, una pietra miliare del cinema italiano degli anni 50. Il Duo mIllemiglia ( Mario Milani ed Elena Casentino ) ha dedicato un concerto eseguito dai docenti dello stesso conservatorio, su musiche dal film interpretati da Raf Vallone,

Le giornate si concludevano  con la proiezione del documentario Uno sguardo sul mare di  Donatella Baglivo .


Gregory La Cava

Il percorso di riscoperta dei registi di origine calabrese intrapreso dalla Cineteca della Calabria prosegue con il regista calabro - americano  Gregory La Cava, a cui è dedicato un convegno seguito dalla proiezione del film  La ragazza delle quinta strada (‘39).

Nato a Towanda,in Pennsylvania nel 1892, figlio di Pascal, di origini calabresi, dopo aver tentato la via della boxe e della pittura, si  cimenta egregiamente  nelle strisce a fumetti per giornali, per poi diventare regista dei cartoni animati prodotti da William R.Hearst. Subito dopo è autore di commedie brillanti in cui emergono, tra le righe, i temi che caratterizzeranno la sua azione più matura: la storia di  protagonisti che, ossessionati dalla vita giunta al culmine delle sopportazione, reagiscono con forza e cattiveria alle avversità. Meno famoso di Ernst Lubitsch, con il quale condivideva l’amore per la commedia americana, la stima della critica, gli ottimi incassi ai botteghini La Cava costituisce un esempio originale nel panorama hollywoodiano degli anni trenta. Morto nel 1952, il regista lascia grandi capolavori, tra cui My Man Godfrey (L’impareggiabile Godfrey, 1936) e  Stage Door (Palcoscenico,1937), nei quali tensioni sociali,come la povertà e il cinismo, temi svolti secondo il registro della commedia o del dramma, sono messe in evidenza attraverso la messa in scena di ricchi e poveri, capitalisti e rivoluzionari,perdenti e vincitori,cameriere e maggiordomi, padroni snob a fianco di bravi giovanotti.


La Rimusicazione de IL Fauno di Febo Mari

Febo Mari fu una delle figure più singolari del cinema muto italiano: attore e regista, portò sul grande schermo la Bertini con “Cenere” e si affermò come rappresentante di una cultura cinematografica e teatrale, da cui proveniva, di indubbia influenza decadentistica.

Nativo di Messina, Alfredo Rodriguez ha già avuto un omaggio dalla sua città natale che gli ha regalato un esperimento di rimusicazione, affidandolo a Michael Nymann con il “Maddalena Ferat”. Il Fauno, girato nel 1917, viene proposto ora con esecuzione musicale dal vivo da parte della Orchestra atipica Bonamici group-one, diretta da Andrea Pellegrini.

Si tratta di uno spettacolo evento che la Cineteca della Calabria ha scelto per la sua intrinseca caratterizzazione con i temi della cultura del territorio dell’Italia Meridionale, particolarmente sentiti da codesta istituzione culturale. Viene dunque rievocato un periodo del cinema, quello del muto, di particolare sviluppo dell’industria cinematografica, che si afferma anche a Sud, portando in scena oltre che melodrammi della tradizione culturale napoletana come “Assunta Spina”, anche film d’arte ed opere legate a drammatici fenomeni sociali tipici del meridione, come “L’emigrante”, sempre di Febo Mari.

Lo spettacolo si compone della proiezione cinematografica del film con l’accompagnamento dell’orchestra composta da oltre venti elementi e circuita per tutta Italia a partire dall’estate del 2004 .


Lettere dal Sahara

Giovedì 5 ottobre 2006 è stato presentato presso il Teatro Comunale di Catanzaro, l’ultimo film del maestro Vittorio de Seta. 

Un giovane senegalese dopo la morte del padre emigra in Italia. Riesce a trovare un lavoro precario a Villa Literno, si trasferisce a Firenze da una cugina che fa l’indossatrice per poi giungere a Torino. Qui, grazie anche a un’insegnante di italiano, trova una situazione stabile. Ma un’aggressione razzista lo spinge a riconsiderare tutto.
Vittorio De Seta è stato uno dei registi più appartati e, al contempo, più necessari al cinema e alla televisione italiani. Chi ha avuto la fortuna di vedere i suoi cortometraggi sa quanto abbia saputo offrire lo spirito profondo di alcune manifestazioni collettive di lavoro (soprattutto legate alla pesca) proprie della sua cultura di origine. Lo spirito di De Seta non è cambiato e a 82 anni, presenta un film toccante che ha avuto una lunga fase di gestazione.